Hai più di 50 anni? Ecco la dose esatta di vitamina D che devi assumere per non avere carenze

Per chi ha superato i 50 anni, il corretto apporto di vitamina D diventa particolarmente importante a causa delle modifiche fisiologiche che avvengono con l’età e del maggior rischio di carenze. Dopo questa soglia, l’organismo riduce sensibilmente la capacità di produrre vitamina D attraverso la pelle, e contemporaneamente aumentano i fabbisogni per garantire salute ossea, immunitaria e prevenire diverse patologie associate all’invecchiamento.

Il fabbisogno di vitamina D dopo i 50 anni: quanto assumerne davvero

Le raccomandazioni internazionali convergono nell’indicare per le persone di età superiore ai 50 anni una dose giornaliera di 20 microgrammi (μg), pari a 800 Unità Internazionali (UI), di vitamina D per prevenire carenze significative. Alcuni enti, come i LARN italiani e il National Institutes of Health statunitense, consigliano questa quantità specificatamente per persone sopra i 70 anni, ma altre linee guida la estendono anche a partire dai 60 anni, vista la graduale riduzione della sintesi endogena di vitamina D dal quinto decennio di vita in poi.

Per chiarezza:

  • 50-70 anni: raccomandati 600 UI (15 μg) al giorno
  • Dai 71 anni: raccomandati 800 UI (20 μg) al giorno
  • Molti esperti suggeriscono, comunque, già dai 60 anni di età di orientarsi verso i 20 μg (800 UI), anche in assenza di particolari fattori di rischio, vista la fisiologica diminuzione dell’efficienza cutanea nella produzione della vitamina con l’esposizione solare.

È importante precisare che queste dosi hanno una valenza preventiva, ovvero sono pensate per evitare carenze nella popolazione generale. In caso di deficit documentato attraverso gli esami ematochimici, i medici possono prescrivere dosi molto più elevate per periodi limitati, fino ad arrivare a qualche migliaio di UI giornaliere come terapia d’attacco, seguite poi da dosaggi di mantenimento modulati sul singolo paziente.

Fattori che influenzano il fabbisogno di vitamina D dopo i 50 anni

Sebbene esista una dose standard consigliata dalla maggior parte delle società scientifiche, il reale fabbisogno può variare sensibilmente tra individuo e individuo in base a diversi fattori:

  • Esposizione solare: la principale fonte della sostanza, la sintesi cutanea attraverso la luce solare, si riduce con l’età ed è fortemente condizionata dall’uso di creme protettive, abbigliamento coprente, latitudine, stagione, e tempo trascorso all’aperto.
  • Pigmentazione cutanea: le persone con pelle scura producono meno vitamina D rispetto a chi ha carnagione chiara, perché la melanina funge da filtro naturale, riducendo l’efficacia dei raggi UVB.
  • Sovrappeso e obesità: una maggiore quantità di tessuto adiposo rende meno disponibile la vitamina D, che tende ad essere sequestrata nel grasso corporeo.
  • Patologie croniche: alcune malattie (ad esempio, malassorbimento intestinale, insufficienza renale, malattie epatiche) aumentano il fabbisogno o riducono la disponibilità di vitamina D.

La valutazione individuale resta quindi essenziale, specialmente se si è in presenza di fattori di rischio, di assunzione di farmaci che interferiscono col metabolismo della vitamina D, o sintomi sospetti di ipovitaminosi. In questi casi, l’esame del 25(OH)D nel sangue (la principale forma circolante della vitamina D) fornisce un quadro preciso della situazione e può guidare eventuali integrazioni mirate.

Fonti alimentari, integrazione e ruolo della luce solare

L’apporto di vitamina D attraverso la dieta è generalmente basso: solo pochi alimenti ne contengono quantità significative, come pesci grassi (salmone, sgombro, aringa), olio di fegato di merluzzo, tuorlo d’uovo e alcuni funghi. Anche prodotti fortificati come latte o cereali contribuiscono, ma raramente permettono di coprire l’intero fabbisogno, soprattutto con l’avanzare dell’età.

L’organismo umano è progettato per ottenere la maggior parte della vitamina D tramite esposizione alla luce solare, grazie alla sintesi endogena nella pelle. Tuttavia, già dopo i 50-60 anni, la capacità cutanea di produrne diminuisce di almeno il 30%, anche in condizioni ideali. In aggiunta, nel periodo autunno-inverno, a latitudini come quelle italiane, la sintesi è quasi nulla a causa della minore intensità dei raggi UVB fino a primavera avanzata.

Per questi motivi, le linee guida europee e italiane raccomandano a chi ha più di 60 anni di valutare regolarmente l’assunzione di integratori di vitamina D o di alimenti arricchiti. Il dosaggio deve però essere concordato con il proprio medico, soprattutto se si assumono più integrazioni contemporaneamente o farmaci che possono interferire con il metabolismo della vitamina D.

Livelli ottimali nel sangue e rischi dell’iperdosaggio

I principali parametri di riferimento per valutare lo stato vitaminico sono i valori sierici di 25(OH)D. Le società scientifiche italiane e internazionali indicano come ottimali i livelli pari o superiori a 30 ng/mL. Valori inferiori sono indice di insufficienza (tra 20 e 29 ng/mL) o di carenza (sotto i 20 ng/mL), mentre valori molto bassi (sotto i 10 ng/mL) sono associati a un rischio elevato di fragilità ossea e altre complicazioni metaboliche.

L’integrazione deve essere condotta sempre sotto controllo medico, perché dosi esageratamente elevate, soprattutto protratte per mesi, possono portare a ipervitaminosi D, una situazione rara ma pericolosa che comporta ipercalcemia e potenziali danni renali. Il rischio di sovradosaggio tramite sola alimentazione è remotissimo, ma può presentarsi con supplementazioni non controllate o auto-prescrizioni prolungate.

Per riassumere:

  • Per la prevenzione della carenza negli adulti oltre i 50 anni è consigliata una dose giornaliera compresa tra 15 e 20 μg (600-800 UI), prediligendo la fascia alta (20 μg, cioè 800 UI) dal 60° anno di età.
  • L’esposizione quotidiana al sole (almeno 20 minuti su viso e mani) rimane un fattore chiave, ma non sempre sufficiente per coprire il fabbisogno, specie in età avanzata e durante i mesi invernali.
  • Un esonero individuale della quota assunta, soprattutto in caso di familiarità con osteoporosi, scarsa esposizione solare, pigmentazione scura della pelle, malattie croniche o uso di farmaci specifici, deve essere sempre valutato dal medico.

Per saperne di più sulle funzioni biologiche e sugli effetti di questa sostanza, si può consultare la voce relativa su vitamina D.

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